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La parabola di Atari

In un post precedente, ho parlato di un caso eclatante in cui l’acume di un manager ha fatto la storia e ha portato a risultati incredibili per Nintendo.

Se volete recuperarlo, lo trovate qui: https://www.antonellocalamea.com/tpost/gjre8jd7c1-scorgere-il-potenziale-delle-persone

Ci sono però anche esempi molto diversi, altrettanto clamorosi e, ancora una volta, la storia del mercato dei videogame ci fornisce uno spunto, attraverso la figura di Ray Kassar e la sua dirigenza in Atari.

Ma prima, dobbiamo fare un passo indietro: fondata nel 1972 da Nolan Bushnell e Ted Dabney, Atari era la quintessenza della startup: un gruppo di giovani visionari che lavorava con passione sui primi videogiochi (Pong ad esempio), galvanizzati dal sogno di dare vita a un'intera nuova industria. Nessuna gerarchia aziendale, solo menti brillanti e caos creativo.

Poi arriva l’acquisizione da parte di Warner Bros nel ‘76, che porta ad aumento dei ricavi vertiginoso ma anche ad un crescente attrito e l’allontanamento di Bushnell, che viene sostituito da Kassar.

Totalmente estraneo a quel mercato, impone procedure rigide, licenziamenti di massa, una politica in cui tutti sono sostituibili e il profitto è l’unico indicatore di successo.

I numeri salgono, Atari raggiunge il suo apice, però i migliori talenti vanno via e l’innovazione si spegne.

Arriva la crisi dell’’83, il mercato crolla e Atari si ritrova con i magazzini pieni di giochi di scarsa qualità.

Ultimo fun fact: nel ‘79 quattro talenti di spicco, insoddisfatti della nuova politica di Atari, lasciano e fondano una nuova società: Activision…come si dice, il resto è storia.

Che cosa avrebbe dovuto fare Kassar secondo voi? O, più in generale, Atari per trovare un equilibrio tra valori fondati e sostenibilità finanziaria?
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2024-06-25 09:48 Persone Business