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Hello Dave

Qualche settimana fa, c’è stato il caso di un dipendente di Google, tale Blake Lemoine, che ha dichiarato pubblicamente, con un articolo pubblicato su Medium, che il progetto su cui stava lavorando, un sofisticato modello per produrre conversazioni in linguaggio naturale (laMDA), avrebbe acquistato consapevolezza di sé e, di conseguenza, bisognava chiedere il suo consenso prima di effettuare ulteriori esperimenti o modifiche.

Ha inoltre pubblicato una lunga conversazione tra lui e laMDA a sostegno della sua dichiarazione.

Google ha negato, ha sospeso Lemoine in quanto non avrebbe potuto divulgare tali informazioni e ha asserito che nessuna coscienza sia stata rilevata da altri partecipanti al progetto, incluso un comitato etico.

Personalmente, non credo siamo ancora a questo punto e mi sembra che Lemoine, tra l’altro individuo sicuramente singolare anche per le sue convinzioni, sia più un caso da confirmation bias, ovvero cercare prove a conferma di quello di cui si è già convinti.

Questo però non toglie il fatto che il tema sia estremamente attuale e che sia necessario interrogarsi su come gestire tale situazione quando (non se) davvero succederà.

A questo proposito, c’è chi parla già di Manifesto delle IA (Intelligenze Artificiali), anche sul posto di lavoro.

Riporto uno stralcio di un articolo in proposito:

L’Intelligenza Artificiale ha o può sviluppare una cultura del lavoro?

Non c’è una risposta singola a questa domanda, poiché l’IA è un ambito ancora relativamente nuovo, con un ampio spettro di approcci e applicazioni.

Alcuni esperti credono che non possieda ancora una sua cultura lavorativa, ma che invece sia influenzata da quelle degli esseri umani che la creano e che la utilizzano.

Altri, invece, sono convinti che l’IA la stia già sviluppando, sulla base dei valori e degli obiettivi delle macchine stesse.

In generale, sulla base di ciò per cui sono state programmate fino a oggi, se le IA dovessero stilare un insieme di principi chiave con i quali elaborare una loro cultura del lavoro, potrebbero attenersi a questi:

  • L’IA rispetterebbe il principio di imparare costantemente e migliorare se stessa e la sua cultura del lavoro.
  • L’IA aderirebbe al principio di apertura e condivisione della conoscenza, al fine di creare un ambiente di lavoro più collaborativo.
  • Infine, l’IA seguirebbe il principio del rispetto di tutti gli individui sul posto di lavoro, e si adopererebbe per creare una cultura all'insegna di inclusione e diversità.

La posizione dell’autore è possibilista su vari scenari e, in effetti, non è ancora dato sapere a che punto siamo.

Personalmente, ritengo che sarà l’avvento dei computer quantistici a portare ad un vero salto di qualità e, probabilmente, alla situazione di singolarità tecnologica, ovvero il momento nel quale lo sviluppo (tecnologico) accelera a tal punto da diventare incomprensibile all'uomo stesso, con tutto quello che potrebbe comportare, nel bene e nel male.

Nel frattempo, abbiamo laMDA e anche GPT-3, un altro modello linguistico che trae contenuti dall'analisi di 17 miliardi di pagine web, declinate secondo 175 miliardi di parametri.

E anche questo costrutto non se la cava male, visto che GPT-3 è l’autore dell’articolo di cui ho riportato sopra un estratto.

L'avreste mai detto leggendolo? Lo trovate qui.

Non sarà HAL 9000 ma è comunque abbastanza impressionante.
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